Siamo oggi chiamati ad esprimerci in merito all’iniziativa elaborata dei colleghi Massimiliano Ay e Lea Ferrari. Essa chiede di inserire, nella Legge per l’innovazione economica, l’obbligo per i Municipi dei Comuni ticinesi di rendere pubblica, annualmente, la lista delle aziende beneficiarie di agevolazioni concesse per le imposte comunali, corredata dal tipo e dall’entità di tali aiuti.
L’obiettivo dell’iniziativa dei colleghi Ay e Ferrari è quello di migliorare la trasparenza e l’accessibilità alle informazioni, verso le cittadine e i cittadini, riguardanti questo tema.
Obiettivo, di per sé, condiviso da chi vi parla, come pure, credo, dalla maggioranza di questo Gran Consiglio, dalla maggioranza della Commissione economia e lavoro, e dal Governo.
A titolo personale aggiungo che pure io ritengo che sul fronte della trasparenza delle informazioni riguardanti la gestione della “res pubblica” (la cosa pubblica) possano e debbano essere fatti ulteriori passi avanti.
Faccio queste premesse perché, capisco, viviamo in un’epoca che ci porta a inseguire l’immediato, a scapito dell’approfondimento, lo slogan e la “tifoseria” e non l’analisi della complessità, con il rischio di partire, “lancia in resta”, verso il nostro obiettivo, senza accorgerci che il nostro “cavallo” è zoppo.
Come tutti sappiamo, prendendo ad esempio il settore della medicina, una terapia particolarmente invasiva, può creare più problemi al paziente di quelli che la stessa malattia genera. Ecco perché è importante che la cura sia proporzionale alla malattia e alla diagnosi fatta. In analogia è il quesito che dobbiamo porci ora in merito a questa iniziativa parlamentare elaborata.
Oggi questo Legislativo, infatti, non è chiamato ad esprimersi su un generale principio di “più trasparenza”, che, come detto, può essere anche condiviso.
Oggi ci troviamo di fronte a una proposta, concreta, di un ulteriore obbligo a carico dai Comuni, da inserire nella Legge per l’innovazione economica.
Quello che questo Legislativo è chiamato a valutare è se questa concreta proposta sia necessaria al fine di raggiungere l’obiettivo preposto, se sia efficace nel raggiungerlo e soprattutto se i nuovi oneri amministrativi e di controllo che andrebbe a creare questo obbligo, siano ragionevoli a fronte dei risultati auspicati. Detto in parole molto semplici: il santo vale la candela?
Ecco, sia chiaro. Non è sul principio della trasparenza che verte la contrarietà all’iniziativa del rapporto sottoscritto dalla maggioranza della Commissione economia e lavoro (come pure la contrarietà del Rapporto del Consiglio di Stato), ma su questi ultimi aspetti, riferiti unicamente a questa precisa proposta.
Dobbiamo dunque chiederci se quanto proposto dagli iniziativisti parlamentari sia necessario, se sia efficace nel raggiungere un obiettivo e se i benefici attesi siano proporzionati agli oneri e ai costi imposti.
Veniamo al contenuto dell’iniziativa su cui siamo chiamati ad esprimerci. La Commissione, durante i suoi lavori di analisi dell’iniziativa e del messaggio del Consiglio di Stato (che invita il Gran Consiglio a ritenere evasa l’iniziativa), ha chiesto un preavviso, tramite lo stesso Consiglio di Stato, alla Sezione Enti Locali, organo di vigilanza sui Comuni.
Sulla base di questa documentazione è stato appurato quanto segue.
Ai sensi dell’articolo 21 capoverso 2 della Legge per l’innovazione economica, a livello cantonale, viene già pubblicata annualmente la lista delle aziende beneficiarie di misure dirette (corredata dal tipo e dall’entità dei vari aiuti). Lista resa pubblica dal Consiglio di Stato nell’ambito del rendiconto annuale.
Per ciò che riguarda i Comuni, verso cui l’iniziativa mira ad estendere un simile obbligo, vigono sostanziali limitazioni all’autonomia comunale in questo specifico ambito.
Come evidenzia il Consiglio di Stato nel suo Rapporto del 2 dicembre 2020, sempre ai sensi della Legge per l’innovazione economica (articolo 11 capoverso 3), il Comune può concedere alle aziende agevolazioni per le imposte comunali solo previa autorizzazione del Consiglio di Stato.
L’autonomia comunale nel concedere queste agevolazioni senza autorizzazione del Consiglio di Stato, è possibile unicamente qualora il Cantone abbia concesso un’uguale o maggiore agevolazione per le imposte cantonali (evento questo, non avvenuto, secondo quanto appurato dalla Commissione, nel periodo 2016- 2020).
Inoltre, evidenzia sempre il Consiglio di Stato, sul piano Comunale, a contribuire alla trasparenza vi è il fatto che:
“eventuali decisioni di agevolazioni fiscali a livello comunale devono essere decise dai relativi legislativi comunali e pubblicate all’albo comunale”.
La Sezione Enti Locali, incaricata della vigilanza amministrativa e finanziaria sui Comuni ticinesi, nel parere chiesto dalla Commissione economia e lavoro, condivide le argomentazioni contenute nel Rapporto del Consiglio di Stato. Essa conferma che:
“Le decisioni riguardanti la concessione di agevolazioni fiscali comunali sono di competenza dei Legislativi comunali e quindi già pubbliche – tramite la pubblicazione delle risoluzioni dei Legislativi ai sensi degli articoli 41 e 74 della Legge organica comunale.”
Questo è quanto prescrive l’attuale quadro normativo.
Ai fini di definire la necessità di quanto proposto, credo sia opportuno avere bene in chiaro le dimensioni concrete, allo stato attuale, del tema portato alla luce dall’atto parlamentare.
Come già accennato, sia il Consiglio di Stato che la Sezione Enti Locali, confermano che nel periodo 2016- 2020, ai sensi della Legge per l’Innovazione economica, non è stata accordata alcuna agevolazione fiscale a livello cantonale e non è giunta nessuna richiesta dai Comuni per ottenere dal Cantone l’autorizzazione per la concessione di un’agevolazione fiscale comunale.
Nello stesso periodo, la possibilità per i Comuni di concedere queste agevolazioni senza autorizzazione del Consiglio di Stato, essendo questa vincolata alla presenza di un’uguale o maggiore agevolazione già concessa a livello cantonale, non è data (visto che nessuna agevolazione è stata concessa a livello cantonale).
Questo quanto appurato nell’ambito dei lavori della commissione (su questo, anche il rapporto di minoranza concorda).
Dimensioni, dunque, per usare un eufemismo, molto limitate. E anche non escludendo la possibilità che in futuro possano presentarsi delle decisioni comunali che rientrino in questa casistica, è difficile pensare che il loro numero improvvisamente “esploda”.
In sintesi, dunque, il nuovo obbligo a carico dai Comuni, proposto dall’iniziativa, ipoteticamente applicato al periodo 2016-2020, volendo essere molto concreti, si sarebbe tradotto in diverse centinaia di “liste vuote”: ovvero il numero di tutti i Comuni ticinesi, per il periodo di 4-5 anni (dato che questa lista dovrebbe essere pubblicata annualmente).
Torniamo a chiederci: il santo vale la candela?
La trasparenza delle informazioni che l’iniziativa vuole rendere pubbliche, come asserito sia dal Consiglio di Stato che dalla Sezione Enti Locali, è già data dall’attuale quadro normativo. Il numero concreto di casi a cui questo ulteriore obbligo a carico dei Comuni si applicherebbe è allo stato attuale limitato (o nullo).
Viceversa, si andrebbe ad imporre un ulteriore obbligo normativo ai Comuni.
Un livello istituzionale in cui, mi permetto di ricordare, vigono importanti differenze di dimensioni e di mezzi, fra Comuni più grandi e Comuni più piccoli, e già confrontato con sempre maggiori oneri e compiti. Certo, sia chiaro: in questo caso non si tratta di un grande onere. Ma, seppur piccolo, è sempre un obbligo in più. E non sono i singoli oneri ad incidere, ma il loro insieme.
Ricordo, inoltre che ad un nuovo obbligo per i Comuni, corrisponde pure un onere (e dunque risorse da impiegare) per chi è chiamato a vigilare sul suo rispetto, come pure osserva la Sezione Enti Locali nel suo parere, quando scrive:
“vorremmo far rilevare che ad ogni nuovo obbligo imposto ai comuni corrisponde un relativo nuovo onere di controllo con le relative risorse necessarie da parte dei vari servizi preposti alla vigilanza”.
Di questi ultimi punti, anche quale membro di un Esecutivo comunale, invito a voler tener conto (in questo caso mi permetto di allargare questa considerazione anche alle future decisioni che questo Legislativo sarà chiamato a prendere, inerenti gli aggravi di compiti per Comuni, oltre che all’oggetto della presente discussione).
Specialmente, quando siamo confrontati con obiettivi che possono essere raggiunti con i mezzi legislativi che già abbiamo.
Per questi motivi invito il Gran Consiglio a respingere l’iniziativa parlamentare elaborata numero 580 e aderire al rapporto di maggioranza.
Colgo anche l’occasione per portare l’adesione del gruppo Plr in Gran Consiglio al rapporto di maggioranza.
Relatrice del rapporto di maggioranza Roberta Passardi