Situazione femminile nelle carceri, intervento per il Gruppo PLR

Il Gruppo PLR ha preso atto con interesse del rapporto redatto dalla Commissione sulla sorveglianza delle condizioni di detenzione 2020–2021. Rileviamo che emerge con una certa evidenza, che le strutture carcerarie fanno il possibile per rispettare le normative internazionali e nazionali con i mezzi, limitati, che hanno a disposizione, in particolare nell’ambito della detenzione femminile, laddove esiste un problema innegabile.

Infatti, le donne che si trovano in stato di esecuzione pena, che presentano un rischio di fuga e/o di recidiva, sono per lo più collocate nella struttura denominata “La Farera” in assenza di una Sezione chiusa femminile.

Vale la pena ricordare che il carcere giudiziario “La Farera” è il reparto delle Strutture carcerarie Ticinese preposto alla carcerazione preventiva, dove le regole sono ancora più ferree ed i detenuti passano la maggior parte della giornata in cella. Invece, presso la struttura “La Stampa”, comparto volto all’espiazione delle pene, non vi è appunto una sezione femminile.

Settimana scorsa, tramite comunicato stampa, si è appresso che il carcere cantonale, ha intenzione di aprire nel 2022 un comparto femminile alla “Stampa” con la possibilità di ospitare da 4 a 8 donne.

Il luogo sarebbe separato e protetto rispetto alle sezioni maschili e godrebbe di un atelier proprio. Notizia che va certamente salutata con favore. Tuttavia, vi è da chiedersi se abbia veramente senso che questa sezione sia inserita nella struttura “La Stampa”. Questo perché, sempre dal rapporto qui in esame, emerge un altro dato preoccupante in merito alle lunghe detenzioni maschili alla “Farera” a causa del sovraffollamento presso il Penitenziario Cantonale La Stampa (punto 2.2 del rapporto).

Vien da chiedersi se in un contesto simile, destinare 4 celle ad un comparto femminile togliendole a quello maschile, già fortemente e per lunghi periodi durante l’anno sotto pressione, non possa accentuare questa problematica, che non deve essere sottovalutata e che pure viola i diritti dei detenuti.

Sebbene vi siano degli sforzi notevoli da parte delle Strutture carcerarie per lenire il duro regime del carcere giudiziario “La Farera”, cercando di adeguarlo come possibile alle necessita dell’espiazione pena, questa ubicazione viola i diritti fondamentali delle detenute e lede tutte le normative concernenti la detenzione femminile, in particolare per quanto riguarda le “regole delle nazioni unite relative al trattamento delle donne detenute e alle misure non detentive per le donne autrici di reato”, che sebbene non abbiano carattere vincolante

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restano una linea guida fondamentale a complemento delle norme nazionali e internazionali già esistenti in materia.

Infatti, lo scopo della pena è quello di risocializzare la persona rea affinché ella possa essere reinserita nella società senza creare più pericoli alla pubblica sicurezza. Le attività, essenziali al lavoro di recupero, non sono oggi completamente garantite alle detenute, le attività svolte sono generiche e ridotte a poche ore al giorno, i contatti telefonici limitati rispetto a quanto concesso presso il Penitenziario cantonale “La Stampa”, così come ristretta risulta essere la loro libertà di movimento in sezione. Il regime più rigido, porta anche ad avere delle ripercussioni psicologiche e anche sul morale che possono portare a diminuire la motivazione al cambiamento personale, minando gli sforzi di sostegno e di aiuto messi in atto dal personale carcerario preposto.

Il Ticino si trova dunque costretto, per la detenzione femminile, nel rispetto di tutti i crismi e dove è possibile improntare un reale programma di recupero, a richiedere il trasferimento in carceri femminili presenti oltre Gottardo (La Tuillère, Canton Vaud e Hindelbank, Canton Berna).

Anche se, in questo senso, solo poche donne possono sperare in un trasferimento in queste strutture carcerarie femminili perché il numero di posti sono limitati, la lista di attesa per le detenute si aggira attorno ai 6 mesi almeno, motivo per cui solo le condannate a pene molto lunghe possono entrare in linea di conto.

Dal rapporto commissionale si evince infatti che a fronte di picchi di 17-18 detenute presenti in Penitenziario ad inizio 2021, poche si trovavano oltre Gottardo. Questo poiché, come detto, i posti disponibili sono pochi, sia per il Ticino che per gli altri cantoni.

Certamente, si riconosce che i trasferimenti in altri Cantoni sono oggi strumenti necessari per tutelare le detenute che riescono ad accedervi, questa modalità di esecuzione però ha un costo molto elevato.

Dalla “decisione sui prezzi” del 29 marzo 2018 emanata dal concordato Romando, di cui il Ticino fa parte, emergono cifre importanti pagate giornalmente per i collocamenti fuori cantone.

Per una sezione chiusa (che costituisce poi il caso del collocamento femminile oltre Gottardo) il prezzo per il 2021 è fissato in 344.– franchi al giorno. Se in più la persona deve essere collocata in un’unità psichiatrica (come nei casi di misura terapeutica stazionaria) il prezzo aumenta a 586.– franchi al giorno.

Di conseguenza, il collocamento di una sola persona (o l’occupazione da parte nostra di una cella) alla Tuillère costa in un anno chf 125’560.–.

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Tralasciando il fatto che Hindelbank, essendo al di fuori del concordato, ha prezzi ancora più maggiori.

Possiamo partire dall’assunto che 4 donne (come in questo momento) fuori cantone costano almeno chf 502’240.– all’anno, sempre che non abbiano problemi psichiatrici.

C’è da chiedersi nelle nostre strutture quali siano i costi reali di detenzione di base che i contribuenti ticinesi pagano. A dichiarazione del direttore delle strutture carcerarie ticinesi di alcuni anni fa, un/una detenuto/a in Ticino costa di base chf 330.– al giorno, ma sostiene che è inferiore grazie alle attività interne che permettono di ridurre la somma.

Considerato che l’aumento delle detenzioni femminili in questi ultimi anni ed il fatto che la carenza di posti femminili tocca tutti i Cantoni e non solo il nostro, si ritiene indispensabile pensare, in tempi brevissimi, ad una soluzione definitiva e magari, che una nuova struttura possa ospitare detenute di altri Cantoni, fatturando loro i giorni di detenzione.

Bisogna altresì evidenziare che nel rapporto non vi è alcun riferimento alla situazione concernente le persone condannate a misura terapeutica stazionaria, ovvero le persone affette da grave turba psichica che commettono dei reati in stretta connessione con questa alterazione e che grazie al trattamento c’è da attendersi che il rischio di recidiva potrà essere evitato. L’art. 59 CP prevede che “Il trattamento stazionario si svolga in un’appropriata istituzione psichiatrica o in un’istituzione per l’esecuzione delle misure”.

Le sentenze dei tribunali che pronunciano misure stazionarie sono in aumento, si auspica quindi che la Commissione si chini in maniera approfondita anche su questa problematica e faccia un rapporto dettagliato della situazione.

Occorre sottolineare che, nella maggior parte di questi casi, siamo di fronte a detenuti pericolosi che necessitano di cure psichiatriche altamente specialistiche che richiedono molti anni di trattamento e di cure per portare al risultato sperato, ovvero la diminuzione della loro pericolosità e della recidiva, rispettivamente la sicurezza collettiva.

Concludo ricordando una celebre frase di Voltaire, oggi più che mai di attualità:

“Il grado di civiltà di un paese si misura osservando la condizione delle sue carceri”.

Cerchiamo quindi di mostrarci all’altezza.

Per il gruppo PLRT, Roberta Passardi

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