Diamo un valore aggiunto al comparto Naravazz di Torricella-Taverne

A Torricella-Taverne è ubicato un sedime di ben 51’482 m2, regolato secondo le zone di edificazione R3, di cui attualmente edificati sono solo 1’275 m2, vincolato a zona AP-EPP (zone per attrezzature private di interesse pubblico), si tratta del comparto dove negli anni ’70 venne realizzato l’Istituto  penitenziale minorile, meglio noto come Naravazz. 

La struttura, ufficialmente chiusa ormai dal 2013, era stata occupata come ultima destinazione dall’Ufficio dell’incasso e delle pene alternative (UIPA). 

Oggi, a sette anni dall’ultima occupazione, la struttura è utilizzata dal 2018 quale archivio attivo e passivo del settore esecuzione pene e per esercitazioni, principalmente delle strutture carcerarie. 

Come si può ben immaginare, l’ampiezza del sedime costituisce un polmone verde importante per il Comune, nonché la struttura, ormai sempre più consumata dal tempo, non può che suscitare domande e curiosità nella popolazione sul futuro utilizzo della stessa. 

Ciò mi aveva spinta a proporre un’interrogazione in tal senso (unitamente ai colleghi, Galusero, Aldi, Schnellmann e Filippini), depositata il 28.10.2020

In data 18.11.2020 il Consiglio di Stato ha però dato risposte non concludenti rispetto alle mie domande, indicando che, seppure la destinazione a carcere femminile non fosse abbandonata, i costi di ristrutturazione e le tempistiche, hanno portato il dipartimento a voler approfondire ulteriormente il tema. 

Motivo per cui in data 12 febbraio 2021, sono nuovamente tornata sul tema, questa volta con la collega Biscossa, formulando però una proposta concreta e attualizzabile, a cui ancora non ho avuto risposta. 

Sostanzialmente, l’idea avanzata poggia sull’assunto che il comparto di Naravazz presenta un potenziale importante, che potrebbe essere utilizzato tanto per il settore dell’esecuzione pena che per l’agricoltura. 

Ritengo infatti che la stessa possa essere inserita in un discorso più ampio, volto alla creazione di un’azienda agricola che possa da un lato servire la popolazione con prodotti Bio a kilometro zero e dall’altra, ricordato che il principio cardine dell’esecuzione pena è il reinserimento sociale del detenuto, fungere da progetto socio-educativo per le persone in detenzione. 

Altresì, si potrebbe valutare anche una sinergia con la Scuola di Mezzana, proponendo così anche la possibilità di offrire una formazione di apprendistato in materie agrarie ad alcuni detenuti (oggi purtroppo le possibilità di apprendistato in ambito carcerario sono esigue). 

Un progetto di questo tipo, oltre a salvaguardare il territorio comunale e dare occupazione e futuro alle persone detenute, potrebbe portare ad un’importante riduzione dei costi di gestione della struttura portando beneficio alle finanze cantonali. 

Invero, la Svizzera già conosce stabilimenti di detenzione che hanno costituito aziende agricole che hanno saputo introdursi in modo importante nel mercato cantonale e regionale, nonché costituiscono un buon esempio di strutture correttive ben radicate sul territorio. 

Va dipoi evidenziato che una struttura di questo tipo potrebbe inserirsi tanto in un progetto di struttura detentiva femminile, quanto maschile. 

Va anche rilevato che per il buon funzionamento dell’azienda agricola si renderebbe anche necessaria l’assunzione di personale (capi arte, ma anche altre figure personali), creando quindi posti di lavoro, questo in un momento in cui nel nostro cantone creare occupazione è essenziale. 

Infine, mi preme sottolineare che dal punto di vista della sicurezza pubblica, uno stabilimento aperto, seppur dà maggior libertà ai detenuti negli spostamenti interni alla struttura e maggior autonomia in alcuni ambiti della loro gestione individuale, non permette ai prigionieri di uscire liberamente dal sedime penitenziario, fatti salvi i congedi e i permessi autorizzati a condizioni ben precise. 

Di poi, non va dimenticato che criterio cardine per essere collocati in sezione aperta, sono l’assenza di rischio di recidiva e di fuga, motivo per cui le persone ivi collocate non dovrebbero costituire rischi rilevanti per la popolazione. 

Sono attualmente in attesa di conoscere la posizione del Governo in merito a questa proposta, ritenuto che – dal mio punto di vista- la sinergia fra esecuzione pena e agricoltura sarebbe un progetto di valore per il reinserimento di persone che devono ricominciare una nuova vita nella società, e che così potrebbero farlo con un nuovo bagaglio di conoscenze, nonché darebbe un valore aggiunto al comparto Naravazz tanto importante per il Comune di Torricella – Taverne.

Roberta Passardi, granconsigliera PLR

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